Che cosa è il curriculum di un musicista?
La strada che un musicista intraprende(a qualsiasi livello) è lunga, difficile e tortuosa. Oltre alle esperienze positive ci sono gli insuccessi, gli errori macroscopici e i risultati negativi. Ma quale traccia rimane di tutte le difficoltà?
Nessuna.
Solo il buono, il bello viene esposto, il resto si nasconde, non si riporta e soprattutto si dimentica. Anche se i ricordi, certe volte, possono essere divertenti ma anche dolorosi.
Che cosa è il NON curriculum?
Tutto ciò che non si scrive nel programma di sala.
C’è anche il NON lavoro? Si, esiste.
Oltre al non curriculum esiste il non lavoro: mi è capitato di dover richiedere la carta d’identità all’ufficio anagrafe. Al momento della dichiarazione della propria attività ho risposto: “Suono il flauto”, l’impiegato rimbalza la realistica domanda: “ si ma di lavoro che fa?”. Da allora, in situazioni simil-anagrafiche rispondo sempre “l’insegnante”. E’ più facile.
Altra caratteristica del non lavoro è che ti chiamano sempre quando non ci sono soldi, per amicizia, per affetto o per onore. Ora mi chiedo domandereste voi al vostro amico imbianchino di farti un lavoretto gratis? O chiamare l’idraulico e dirgli che sareste onorati di una sua prestazione gratis?
Il musicista non deve mangiare, vive di sola musica.
Il Baratto
Il non lavoro comporta anche il baratto. Le cene offerte in cambio della "prestazione" non si contano. Ho anche avuto due omaggi inusuali: N° 3 parrucche stile '700 in pura plastica e N° 20 seggiole pieghevoli di una nota catena svedese.
...qual'è il lavoro della tua mamma?
Alla domanda indagatrice che la maestra ha rivolto a mia figlia, la risposta è stata questa:
" lavora di notte, si trucca, si veste bene, con le scarpe con il tacco alto, esce e torna tardi..."
Il NON curriculum di una in(di)sperata flautista
Nacqui il 4 marzo (origine del mio istinto musicale) a Santa Maria a Monte, un piccolo paesino dell’entroterra pisano. Nel 1962.
Il mio nome è Gloria,Maria Diana, e non lo sa nessuno! Gloria il nome prescelto, Maria, per consolidare la matrice cattolica e Diana la Dea della Caccia e patrona dell’ameno paese.
Cosa sognassero per me i miei genitori era evidente. Purtroppo per loro, a soli 8 anni sono diventata anticaccia dichiarata. Era il 1970, anno decisivo per le scelte più importanti della mia vita.
Un tortuoso percorso chiamato “Conservatorio”
A 8 anni presi parte alla famosa Banda del paese. Le premesse erano veramente tristi: io ero troppo piccola, ero l’ultima arrivata e la banda non poteva “prestarmi” il flauto, solo il clarinetto era disponibile ma il suo suono mi indisponeva e con un semplice sistema di prestito (io suonavo gratis alle uscite della banda e i soldi andavano a colmare il debito che avevo fatto con la società filarmonica) iniziai lo studio del flauto a dire la verità preferivo il violoncello, uno strumento non prettamente bandistico. Woody Allen ha cercato di dimostrare il contrario.
A 10 anni superai brillantemente, per la prima volta, l’esame di ammissione al conservatorio “L. Boccherini” di Lucca, ma, ero ancora troppo piccola e gli aspiranti allievi numerosi. Rimasi fuori dall’unica classe di flauto tenuta da un vecchio maestro.
L’anno dopo mi presentai nuovamente, superai ancor meglio l’esame, risultando prima tra tutti ed entrai come allieva effettiva e prediletta nella classe di flauto. Ero felice.
Il vecchio maestro vedeva in me “la promessa”, ma l’illusione durò solo un anno scolastico…
Il nuovo insegnante che subentrò al pensionamento del precedente mi trovò poco interessante, poco preparata e soprattutto svogliata.
Probabilmente aveva ragione soprattutto nel II e III punto.
In conclusione: fui minacciata di bocciatura per un anno intero, fui fermata al IV anno e alla fine dell’esame del V anno uscii dalla sala di esame con il mio Prof che riferì ad alta voce al ragazzino che stava seduto su una sedia alla sinistra della porta: “Si è appena liberato un posto di flauto, è tuo adesso!”.
Ho saputo così di essere stata espulsa dal Conservatorio, da tutti i Conservatori d’Italia, e potevo sostenere gli esami solo da privatista. Tutto ciò non sarebbe stato facile.
Venti anni dopo ritrovai “tal maestro” al Teatro Comunale di Firenze, gli andai incontro e tutto in un fiato gli dissi: “se era per il suo impegno di maestro avrei smesso di suonare!”. Lui mi rispose:
”Probabilmente è stato grazie a me che hai tirato fuori la grinta”. Anche quella volta ebbe la meglio su di me.
Avevo 15 anni, ero fuori dal Conservatorio, non sapevo cosa fare.
Il grande problema, adesso, era trovare un insegnante che mi preparasse all’esame di diploma di flauto, un altro all’esame di armonia e, un altro ancora, all’esame di storia della musica.
Proprio in questo periodo conobbi alcuni Maestri flautisti, tra questi il grande Maestro Severino Gazzelloni.
Il Maestro mi fu presentato da una persona da dimenticare in una serata da dimenticare.
Solo Severino Gazzelloni non avrei dimenticato…c’era solo una cosa che avrei ricordato al momento giusto.
S. Maria a Monte è sufficientemente vicino a Lucca, Pisa e Firenze, nelle prime due città, allora, di flautisti non ce ne erano, decisi così di andare a vedere al Conservatorio di Firenze cosa succedeva, conobbi così Michele Marasco e Fabio Fabbrizzi che, giovanissimi allievi di conservatorio, facevano a gara a chi riusciva meglio nei passaggi più difficili. Capii in quel momento che cosa voleva dire suonare il flauto, capii che il mio livello e il livello della scuola da dove provenivo equivaleva a zero.
Avevo 16 anni, mi sentivo vecchia e sapevo di aver buttato via tanto tempo, non avrei mai raggiunto un livello flautistico decente… l'unica prospettiva che vedevo era cercare di prendere il Diploma di flauto e sotterrarmi in una scuola media ad insegnare educazione musicale (allora definita cosa infamante per uno strumentista).
Prima trovai un insegnante a Firenze ma le sue lezioni erano troppo onerose. Successivamente provai a studiare con un insegnante a Cecina ma dopo poche lezioni fu evidente che non faceva il caso mio. Infine approdai in altra città toscana dove trovai il Maestro che mi accompagnò al Diploma come privatista (e senza la firma sulla domanda di esame) al Conservatorio Morlacchi di Perugia. Iniziai così i viaggi di studio, spesso lunghi ma fruttuosi.
Mi preparai all’esame di storia della musica da sola e per sostenere l’esame di armonia seguii alcune lezioni dal Maestro Sulpizi, a Perugia.
S. Maria a Monte/Perugia e ritorno 10 ore di viaggio, grazie anche alla maledetta e rara coincidenza a Terontola. Tutto ciò per un’ora di lezione da un maestro che, per fortuna, in poco tempo mi ha dato tanto.
Durante questi viaggi ho fatto tante maglie e tanta analisi.
Le maglie servivano per l’inverno, e l’analisi consisteva nel parlare ininterrottamente per tutto il viaggio con chiunque mi capitasse di fronte, stavo cambiando, contestavo la mia vita, il mio fidanzato e dovevo capire che cosa volevo.
Durate le estati del 1980 e 1981 partecipai a corsi di flauto. Durante il primo anno non rimasi a dormire nel meraviglioso convento, sede del corso, quindi per tutto il mese di luglio (faceva molto caldo) dal lunedì al venerdì, partivo da casa alle 5 del mattino per arrivare alle 9.30 a lezione, dopo aver fatto un tratto in macchina da casa fino alla stazione di Pontedera, aver preso due treni, un autobus e 30 minuti di camminata a piedi.
Tornavo a casa la sera alle 22.00 per poi ripartire alle 5 della mattina successiva.
Il secondo anno dormii nella sede del corso, ormai lavoravo e potevo avere un poco di autonomia decisionale. In questi corsi mi sono divertita veramente tanto purtroppo flautisticamente è stato tempo perso. Ho conosciuto Aura Cosentino, una flautista che ancora oggi fa parte della mia vita.
A 19 anni, finiti i viaggi, preso il diploma, ho capito che cosa volevo: Studiare il flauto.
Volevo solo continuare a studiare, ero cosciente del basso livello in cui potevo essere collocata.
Basta con il fidanzato e tutti coloro che volevano fare di me una sana e bella donna di casa.
Ma decidere comportava che, per prima cosa, mi trovassi un lavoro.
Educazione Musicale nella Scuola Media
Finita la via crucis del percorso di studi (servito solo a prendere un diploma ma non ad imparare a suonare il flauto) iniziò quella della scuola. Il non lavoro della musicista collegato ai 20 anni di precariato nella scuola hanno segnato la mia vita...
Ho iniziato ad insegnare Educazione Musicale nella scuola media a 18 anni, un anno prima che prendessi il diploma, non lo facevo per scelta ma per essere indipendente. Ciò mi ha permesso di continuare a studiare il flauto e, successivamente ho scoperto che ha modificato la mia via, il mio pensiero.
Il flauto professionale, che fatica!
Il primo vero flauto che ho comprato mi è costato un intero anno di lavoro. L’unica cosa che ho fatto in quell’anno è stato studiare in casa e lavorare.
L’inverno lavoravo al mattino e studiavo la sera, d’estate frequentavo corsi. Ma non succedeva niente. Non riuscivo a migliorare. I problemi erano profondi.
In questo periodo ho cominciato a cucirmi i vestiti…e ad imparare l’arte per metterla da parte.
Anna Negherbon
Chitarrista, l’ho conosciuta al Centro di didattica a Fiesole, ho suonato con lei per anni, mi sono divertita un mondo! E’ l’unica persona che conosco che sia riuscita a vincere un ricorso sul punteggio artistico!
L’incontro con Hendrik Hofmayr
Un giorno incontrai un pianista-compositore Hendrik Hofmeyr, sudafricano, che studiava a Firenze sia per ampliare le sue conoscenze che per scappare dall’Apartheid. Lui è stato il mio primo vero maestro, ha avuto tenta pazienza con me e se suono ancora lo devo a lui.
Lui, il primo che è riuscito a rimuovere un blocco di cemento nella mia testa.
Con lui ho suonato per anni, con lo spirito di un’allieva che suona con il suo maestro. Ogni nota, ogni attacco, ogni crescendo volevo farlo come lo chiedeva lui.
Secondo me non ci sono quasi mai riuscita…
La scoperta “rivelatrice” della scuola francese
Un giorno sentii parlare della scuola flautistica francese. Cominciai a studiare il francese e l’estate successiva, grazie alle indicazioni di Marzio Conti, mi iscrissi ad un corso estivo a Nizza, con Alain Marion.
Mi preparai all’esame di ammissione che prevedeva tutto il programma di un grossissimo concorso internazionale.
Indubbiamente non ero pronta nemmeno per l’audizione.
Studiai tutto, tantissimo con il risultato del non sapere niente.
Feci la selezione e fui spedita a fare solo tecnica.
Il Maestro mi disse: “Scusi, non penserà mica di presentarsi al concorso di Ginevra, lei??” Non era mia intenzione, ma spiegare che avevo studiato il programma richiesto dal depliant per entrare al suo corso era troppo difficile.
Scoprii poi che ero stata l’unica a seguire la richiesta cartacea. Gli altri avevano portato solo 2 tempi di una sonata io 3 ore di musica.
Livello verme, così definivamo le nostre abilità flautistiche.
Eravamo tre italiani, Elena, io e un altro ragazzo fummo relegati a studiare solo tecnica con Jean Loup Gregoire, splendido insegnante.
Due settimane di scale, note lunghe, filate, doppio e triplo staccato mattina, sera e notte.
Quando i componenti del livello verme si incrociavano nei corridoi dell’ostello di Nizza si sentiva TKTKTK o nel caso si studiasse il triplo staccato l’effetto era diverso: TKTTKTTKT.
I flautisti francesi erano abbastanza schifati, noi no (così ho passato ennesimo periodo di disperata prostrazione).
A fine corso (costato tutti i miei risparmi di un altro anno di lavoro) il Maestro Marion mi concesse la seconda lezione.
“Madame Lucchesì, lei suona proprio bene, perché non ha fatto il corso con me e ha seguito solo la classe di tecnica?”.
L’ho odiato in quel momento, ma questa frase mi ha dato la spinta per continuare a studiare con un sistema nuovo, come dicevano loro, i francesi. Solo il suono non mi piaceva. Volevo una tecnica francese con un suono mio.
Come fare? Come potevo studiare in Francia? Ho pensato di trasferirmi, lavorare qui o la non avrebbe fatto differenza ma il precariato a scuola, già molti anni di "anzianità", e un grande amore mi hanno fatto trovare un compromesso. Ogni tanto partivo per Parigi e studiavo in Italia, la tecnica migliorava ma il suono non lo gestivo.
Mario Ancillotti, il maestro
Mi iscrissi ad un corso su Bach alla scuola di Musica di Fiesole tenuto da Mario Ancillotti.
Il suo suono mi aveva scioccato. Sembrava un violoncello, era quello il suono che avrei voluto!! Avrei voluto suonare il violoncello, non il flauto! Ecco, avevo capito! Non sopportando il suono del flauto lo avrei cambiato e Ancillotti era la persona da seguire.
Selezione per accedere al corso su il Flauto e J. S. Bach.
Fui presa al corso. Non ci potevo credere! Mi iscrissi, allora, all’audizione per il corso triennale alla Scuola di Musica di Fiesole con Ancillotti. Anche se non speravo di entrare. Sapevo che ad ogni selezione ti giudicava come se fosse la prima. Ogni volta ero terrorizzata.
Selezione per accedere al triennio di specializzazione.
Fui presa. Finalmente le cose cominciavano ad andare per il verso giusto.
I primi confronti
Finito il primo anno del triennio, avevo 25 anni, il mio maestro mi disse: “Che peccato, saresti brava, hai grinta ma sei troppo vecchia per fare carriera”. Questa frase liberò due aspetti del mio carattere che ancora non conoscevo, la sfida e la cocciutaggine pisana .
Mi preparai al corso di Riva del Garda, dove lui insegnava, con le Incantation di Jolivet. Fu un successone. Grazie agli echi del successo mi arrivarono anche i saluti da una stupenda flautista spagnola che avevo conosciuto a Parigi e che aveva sentito parlare di me in spagna!
Fui anche invitata a tenere un concerto molto importante, velatamente mi fu detto che era una prova, avrebbero istituito una nuova una classe di flauto nella succursale di un conservatorio e, se durante il concerto, avessi dimostrato di avere le caratteristiche giuste avrei avuto il posto. Era ciò che sognavo da sempre. Basta con Educazione musicale!!!
Il concerto fu un disastro, ero bloccata, Hendrik fece miracoli ma le mie dita erano di piombo e il precariato nella Scuola Media il mio futuro.
Concorsi
Capri in duo.
Con Hendrik decidemmo di fare il concorso di Capri, musica da camera. I motivi erano poco artistici, nessuno dei due era mai stato a Capri e a lui mancava troppo il mare del Sudafrica.
La prova andò bene anche se, mentre aspettavamo il responso, uscì un tipo dal corridoio dove era la commissione congratulandosi con un duo che conoscevo benissimo. Non eravamo noi. Chiedemmo anche notizie del nostro duo, ci disse che non eravamo nemmeno stati segnalati.
Poi arrivò il giudizio finale: noi eravamo collocati al II posto e il duo presunto vincitore non aveva avuto nessun premio e del tipo disgraziato, che ci ha fatto vivere momenti di angoscia, nemmeno l’ombra.
Finalista a Palmi. Fu uno stillicidio.
Palmi, per noi flautisti in corsa, era il trampolino. O ti alzavi in volo o cadevi rovinosamente a terra.
Io caddi stupidamente.
Arrivai agguerrita e senza soldi, superai la I prova brillantemente, mi aggiudicai la prima, magra, borsa di studio. Superai la II prova, altra ambita borsa di studio e nella prova d’orchestra caddi rovinosamente.
L’orchestra (la III prova prevedeva l’esecuzione di un concerto di Mozart con l’orchestra) tifava per me, le prove erano andate benissimo ma all’esecuzione ritrovai il piombo nelle dita e il vuoto in testa.
Uscii dal Centro Cilea, sede del concorso, e spesi tutti i soldi in vestiti.
Finalista in Sardegna con il pianista a 4 mani.
Dopo Palmi fu la volta di un concorso in Sardegna, in caso di blocco sarebbe stato il mio ultimo concorso. Qualcosa mi diceva che questo tipo di prove non mi fossero del tutto congeniali.
Tre prove, la prima eccellente, la seconda mediocre e alla III il pianista che avrebbe dovuto accompagnarmi nel concerto di Reinecke, per un disguido della segreteria, non aveva ricevuto la parte. Risultato? Il pianista suonava la mano destra, un commissario la sinistra e io il flauto.
Più che un concorso fu una esecuzione bandistica.
Il primo premio fu dato a Riccardo Ghiani, splendida persona e grande flautista, che suonò benissimo, il secondo e terzo premio non aggiudicati. Anche questa volta il limbo (nemmeno quello esiste più!)
Conclusi così la mia carriera concorsistica come candidata.
In Italia, si dice che quando non si riesce a fare una cosa basta cambiare posto…
Concorso Ansaldi per chitarra e musica da camera con chitarra.
Questa volta in giuria, per musica da camera con chitarra, c’ero anche io. Dovevo darmi un contegno, ero emozionantissima, ma visto che tutti mi spacciavano per buona flautista (essendo un concorso per chitarra si poteva anche far credere) pavoneggiavo con fare professionale.
Al concerto inaugurale con Anna Negherbon organizzai una perfetta coreografia musicale, come suggerisce il grande Trevor Wye, a completamento della scarsità dei contenuti. Tutto ciò convinse gran parte del pubblico. Poi durante le prove di concorso, all’ennesima composizione di Mauro Giuliani, il grande compositore per chitarra che in quel periodo non amavo molto, dissi: “L’esecuzione è ottima e il livello tecnico anche, è Giuliani che non si sopporta più”.
Dall’espressione degli altri componenti della giuria capii che avevo detto qualcosa di molto grave. Non sono più stata invitata al Premio Ansaldi.
Loie Fuller Ensemble
Dal 1992 al 2000 suonai stabilmente con cinque donne per tutta l’Italia in rassegne e festival veramente importanti con programmi raffinati e ricercati. Il gruppo era formato da due flauti, Aura Cosentino l’altro flauto, due arpe celesta e voce recitante. Suonavamo Les chansons de Bilitis di Debussy.
Ho imparato tanto in quegli anni, ho capito soprattutto che non suonerò più in un gruppo di sole donne con due arpe e una celesta sulle spalle!.
Severino Gazzelloni, la vendetta
Una sera, nell’autunno del ’91 o ’92 andai ad una cena molto importante quando arrivò l’illustre ospite: Severino Gazzelloni.
Scese dalla macchina suonando il flauto e entrò dentro la casa a mò del pifferaio magico. Avendo un sospeso per un fatto accaduto di molti anni prima, passai tutta la sera a pensare come avrei potuto fare per organizzare una piccola vendetta.
La serata era alla fine, alcuni invitati sapevano che io suonavo il flauto e, non so se per garbo o per gioco, proposero a Severino di farmi suonare nel suo flauto. Sapevo che lui detestava far toccare il suo strumento, immaginai subito il fastidio che avrebbe vissuto vedendo suonare il suo flauto da una sconosciuta (non poteva ricordarsi di me).
Colsi la “palla al balzo”, presi il flauto dalle sue mani e suonai, lui sorrise, ma non si divertì affatto.
Il suo flauto era giallo luccicante con due vere di diamanti che pesavano troppo e, a dirla tutta, era modello francese in linea con i fori (chiusi con caucciù)!
Francesco
Nel viaggio in Sudafrica ho scoperto che nei curricula dei musicisti si inserisce parte della vita personale. In Italia no. Che errore!
La persona con cui scegli di vivere la vita non influenzerà la tua vita artistica?
Senza Francesco la mia vita come sarebbe stata? Lui è la mente e io il braccio.
Solo con lui.
Ho conosciuto Francesco nel 1990. Splendida la sua cucina, da quando ci sono io si è trasformata ed è diventata il mio studio-ufficio-cucina. “Una casa vissuta” dice mia suocera.
La nostra famiglia è composta da tre figli; due cani, Margot e Birra, due gatti, Leon e Ugo, e Fulmine, una tartaruga data in affidamento ai nostri amici carissimi, Sandra e Giuliano. Non è compatibile con la frenesia della nostra vita.
Come si fa a suonare con tre figli e un lavoro?
+ figli – studio = maggior concentrazione!
Altri punti fondamentali per ottimizzare il lavoro sono:
1) Studiare i pezzi alla rovescia, sveglia il cervello.
2) Cantare tutte le note mentre si suona. si memorizza in breve tempo.
3) Usare il sempre il metronomo. Affiancare l’intonatore al metronomo e ancora meglio, mai fidarsi delle proprie opinioni e, soprattutto, quelle degli altri.
Suonare fa molto bene, ogni tanto scappo dal caos.
Confinensemble, Marilisa Cuccia e l’Abbazia di Spineto
Tante persone ho incontrato, tante mi hanno aiutato ma quelle che hanno un posticino fermo nel mio cuore musicale sono poche, i componenti del Confinensemble, quasi un matrimonio collettivo. Anna Aurigi, cantante con cui lavoro da 1992, abbiamo realizzato mille progetti e in cui la musica è stato solo il mezzo. Due donne testarde sulla stessa linea d’onda.
Carlo Mascilli Migliorini, chitarrista, con lui lavoro dal 1995, mi ha insegnato la pazienza (anche se non sempre esce fuori). Alessandro Moretti, fisarmonicista, mi ha fatto capire gli accenti ribelli della musica e che Astor Piazzolla non è tutto uguale. Infine Marilisa Cuccia, anima artistica e culturale dell’Abbazia di Spineto, ci ha permesso anni di crescita musicale e di vita. L’Abbazia, per noi, è una fucina di idee realizzate. Grazie Franco!!
I grandi viaggi musicali
Con il Confinensemble a Taiwan abbiamo suonato in acustica per 700 persone e amplificati per 1.300. Abbiamo anche mangiato le meduse e le zampe di gallina.
A Città del Capo ho ritrovato il mio amico Hendrik, ho suonato con lui (ritrovando anche l’angoscia esecutiva di tanti anni fa), ho conosciuto allievi splendidi all’Università e ho conosciuto Bridget Rennie-Salonen, una flautista spettacolare. Ho capito che porterò sempre nel cuore il mio grande amico Jochen Lorentzen che mi ha insegnato a non sprecare l’acqua potabile.
Riflessione sull’Educazione Musicale e cambio di cattedra nelle Scuole Medie ad indirizzo musicale
Intanto gli anni passavano e io insegnavo, come supplente, nelle Scuole Medie Educazione Musicale, il mio sogno era la Cattedra In Conservatorio, ma qualcosa si insinuava nel mio DNA professionale, i ragazzi di quell’età mi piacevano e mi ritrovavo in loro. Soprattutto con i più difficili. Un giorno mi arrivò la chiamata di una scuola media ad indirizzo musicale, ed è stato l’inizio di un’altra epoca.
Dopo 20 anni di precariato misto(1980-2000) arrivò il ruolo nella cattedra di flauto. Nello stesso anno fui chiamata a Catania, all’Istituto Pareggiato, ad insegnare musica da camera per fiati.
Era il sogno che si avverava!!!!
Rinunciai, cosa che non avrei mai detto.
Ho imparato a divertirmi cercando di insegnare molto in poco tempo e di avere un rapporto umano e generoso con i miei allievi, soprattutto con i più difficili.
Suono ancora!
Sono passati trentaquattro anni da quando uscii dall’esame del compimento inferiore al Conservatorio di Lucca e suono ancora. Suono tanto e mi diverto.
Mio caro (!) Maestro, anche i grandi sbagliano e i piccoli crescono fuori dalle previsioni funeste!
Ho suonato gran parte del repertorio cameristico, nelle più disparate formazioni, e quello che non ho ancora studiato conto di suonarlo nei prossimi venti anni.
Grazie alla musica ho conosciuto tante persone e ho viaggiato (purtroppo senza parlare inglese!).
Gloria Lucchesi - Firenze 2007
Poi è nata la Rete Regionale Flauti Toscana, percorso bellissimo. Sono stata la referente dal 2007 al 2015. È stata una scommessa intrapresa con Antonio Barsanti: come riuscire a fare cose belle e importanti nella scuola pubblica partendo dal basso e dall'umano. Ci siamo riusciti ma il percorso, adesso, è finito nelle responsabilità di gestione.
Cosa faccio adesso? Mi guardo intorno, osservo (da brava permacultrice) e rifletto... mi diverto con i miei allievi al Liceo e suono...
Firenze 16 dicembre 2015 h 4.30